Velenosi, coriacei, ma teneri e curiosi

Testo di Maurizio Lodola e M. Letizia Tani

Come nuotano e come avvicinarli Acquario salmastro Sistematica
Letture consigliate Risorse in rete

Curiosando nei negozi di souvenir esotici, fra gli innumerevoli oggetti provenienti dai mari tropicali, assemblaggi un po' kitch di conchiglie, noci di cocco, stelle marine, aculei di ricci, avremo senz’altro notato degli insoliti pesciolini sferici, irti di spine, che sembrano in procinto di scoppiare, patetiche caricature di una struttura anatomica unica nell’ittiofauna marina e per questo vittime di un mercato di cianfrusaglie che non accenna a scomparire.

Noti con il nome di pesci istrice, insieme ai pesci palla, pesci scatola, pesci balestra, pesci luna, appartengono all’ordine dei Pesci Teleostei Tetraodontiformi (Tetraodontiformes), rappresentato da oltre 300 specie, prevalentemente marine, talvolta di acque salmastre o dolci, a diffusione mondiale. Le 8 famiglie di cui l’ordine è composto annoverano pesci con diverse caratteristiche, per cui è difficile darne una descrizione generale; ci limitiamo a dire che hanno una forma raccolta (a seconda dei casi ovoidale, discoidale, romboidale), cute coriacea priva di vere scaglie, ma provvista di spine dermiche, placche o scudi ossei separati o uniti tra loro in una corazza rigida, linea laterale e vescica natatoria per lo più assenti, denti robusti spesso fusi a formare un becco.

Alcuni Tetraodontiformi hanno sviluppato singolari caratteristiche evolutive nella strategia difensiva, con comportamenti unici nel mondo dei Pesci. Le specie appartenenti alla famiglia dei Diodontidi (Diodontidae), fra cui il ben noto pesce istrice (generi Diodon, Chylomicterus, Atinga), possiedono una plica tegumentaria ventrale, il cosiddetto "sacco stomacale", che si dilata enormemente quando il pesce riempie lo stomaco di aria o di acqua ingurgitate, conferendo così all’animale una quasi perfetta sfericità. L’operazione di riempimento viene fatta per deglutizione e l’operazione inversa per contrazione della muscolatura ventrale. Si è visto che l’animale utilizza la deglutizione di acqua per gonfiarsi velocemente quando viene attaccato nel suo ambiente; mentre si gonfia d’aria come un pallone, perdurando in questo stato anche per ore, quando viene estratto dall’acqua dall’uomo o da eventuali predatori. Rimesso in acqua, può rimanere a galla lasciandosi trasportare via dalle correnti, oppure, sgonfiandosi, può prontamente immergersi.

Questo particolare comportamento dei pesci istrice rappresenta una forma difensiva che, aggiunta alle temibili spine cutanee, scoraggia senz’altro gli aggressori che non riescono ad afferrarlo. Le modificazioni anatomiche che stanno alla base di tale singolare adattamento (oltre alla presenza del sacco stomacale) hanno comportato un’atrofia della muscolatura ventrale e l’assenza di costole e di pinne ventrali. L’unica pinna dorsale, a raggi molli, è in posizione arretrata ed opposta a quella anale.

Oltre che per le spine erettili (che nel genere Chylomicterus non possono essere ripiegate lungo il corpo come invece negli altri generi), questi pesci si riconoscono facilmente per il robusto "becco" ad uccello, visibile anche a bocca chiusa, costituito da due placche ossee, una mascellare e l’altra mandibolare, con le quali riescono ad avere la meglio delle dure corazze degli invertebrati dei quali si cibano. Molluschi, crostacei, echinodermi, costituiscono l’alimento principale dei pesci istrice che, con lo stesso sistema usato per gonfiarsi, producono dei getti d’acqua per smuovere la sabbia e scoprire le prede insabbiate.

Le 15 specie conosciute popolano i fondali sabbiosi e le formazioni coralline delle zone costiere tropicali e temperate di tutto il mondo, senza mai scendere sotto i 10 m di profondità. Non essendo dei provetti nuotatori si lasciano volentieri trasportare delle correnti marine e occasionalmente sono stati rinvenuti anche nel Mediterraneo.

Il loro aspetto inconfondibile ed accattivante, con grandi e teneri occhi, ha indotto molti acquariofili a cimentarsi nel loro allevamento, che non è consigliabile ai neofiti dato che non sono pesci facilmente acclimatabili.

Affini ai pesci istrice sono i pesci palla, della famiglia dei Tetraodontidi (Tetraodontidae; generi Tetraodon, Arothron, Lagocephalus, Takifugu, ecc.), che si distinguono dai Diodontidi per la pelle nuda o con piccole spinule sparse, per il becco diviso in due formazioni dentarie mascellari e due mandibolari, per l’immagazzinamento dell’acqua e dell’aria in un sacco dilatabile annesso allo stomaco.

Le visceri e gonadi contengono un micidiale veleno neurotossico, la tetrodotossina (vedi articolo sui veleni del n° precedente), eliminabile solo con complicati e non sempre efficaci processi gastronomici. In Cina e Giappone questi pesci vengono chiamati "fugu" e sono molto ricercati per la bontà delle loro carni, nonostante siano responsabili di gravi episodi di intossicazione alimentare, spesso con esiti fatali. Alcuni anni or sono anche in Italia sette persone rimasero gravemente avvelenate e tre di esse morirono per il consumo di tetraodontidi importati ed erroneamente venduti come "code di rospo". Vista la proliferazione di ristoranti asiatici nel nostro paese ci auguriamo rigidi controlli a questo riguardo.

Oltre alle specie marine, esistono anche dei tetraodontidi quasi esclusivi delle acque dolci: il Tetraodon mbu del Congo, il T.fahaka del Nilo e del Senegal, il T. fluviatilis del Gange ed il T. psittacus del Rio delle Amazzoni.

In alcune specie di Tetraodon i due sessi coesistono e nella riproduzione, a seconda dell’attività delle ghiandole endocrine, i ruoli vengono determinati dalle risposte cellulari agli ormoni secreti. Tali influenze di tipo ipotalamico-ipofisario devono essere a conoscenza dell’acquariofilo che si cimenti nella riproduzione di questi pesci, nei quali il dimorfismo sessuale è piuttosto incerto e che presentano invece caratteristiche di ermafroditi insufficienti.

Infine i pesci scatola o pesci cofano, con una decina di specie appartenenti alla famiglia degli Ostracidi (Ostraciidae; generi Ostracion, Rhinomesus, Lactophrys, Rhyncostracion, ecc.), dall’inconfondibile forma del corpo racchiuso in una corazza formata da un mosaico di piastre ossee, dalla quale esce soltanto la base delle pinne ed il peduncolo caudale; spesso presentano sopra gli occhi e dietro l’anale delle appendici appuntite simili a corna. Anch’essi producono una sostanza tossica, l’ostracitossina, nociva nei confronti di altri pesci, soprattutto in ambienti limitati.

L’immissione in acquario di questi pesci deve essere effettuata con cautela e anche per il trasporto bisogna mettere un solo pesce per contenitore. L’acqua di trasporto non deve essere versata in acquario poiché potrebbe contenere le tossine emesse dal pesce a causa dello stress e di piccole escoriazioni sempre presenti dopo la cattura con il retino.

L’alimentazione deve essere la più varia possibile somministrando un paio di volte alla settimana cibo surgelato (gamberetti, artemie saline, molluschi, ecc.) ben scongelati e sciacquati, quindi integrati con un prodotto polivitaminico specifico per pesci d’acquario. E’ bene abituare subito i pesci ad accettare cibi granulari e liofilizzati di buona qualità da somministrare in piccole quantità anche un paio di volte al giorno.

L’acquario deve essere provvisto di un buon filtraggio biologico con un movimento d’acqua non eccessivo dato che questi pesci non sono ottimi nuotatori, e per l’arredamento dobbiamo rinunciare ad anemoni e attinie tra i cui tentacoli troverebbero morta sicura, ma anche coralli vivi, poiché i Tetraodontidi ne sono molto ghiotti. TOP


Come nuotano e come avvicinarli

A causa della loro particolare conformazione i Pesci Tetraodontiformi hanno sviluppato un tipo di natazione che non coinvolge il corpo, ma è sostenuta dalle pinne. Nel caso dei Diodontidi la propulsione è ottenuta con ritmiche ondulazioni delle pinne pettorali; nei Tetraodontidi, invece, il nuoto è assicurato con movimenti laterali della pinna dorsale ed anale, mentre quella caudale funge da timone; negli Ostracidi, infine, che stanno a lungo immobili sul fondo, sono i movimenti laterali della pinna caudale che consentono lo spostamento. E’ interessante notare come nel loro ambiente i pesci corazzati o velenosi si lascino avvicinare facilmente, molto di più di quelli dai colori vistosi. Nell’ambito della strategia difensiva l’evoluzione ha stabilito una distanza di fuga specifica per ciascuna specie, che è tanto maggiore quanto minori sono le protezioni dell’animale. Così che è possibile avvicinarsi molto ai pesci che si mimetizzano e si nascondono alla vista, come pure ai pesci provvisti di veleno o di scudi ossei, che, per la loro mansuetudine, si adattano anche rapidamente alla cattività. TOP

 


Acquario salmastro

I pesci sopra descritti sono spesso ospitati in acquari salmastri, ambienti con un grado di salinità intorno al 15-20 per mille. Infatti, questi animali che da giovani sono pelagici, trascorrono invece la loro vita adulta lungo le zone costiere, dove l’acqua è calma e spesso commista con quella dolce degli estuari.

L’acquario salmastro riproduce un ambiente di frontiera tra mare e fiumi, e a seconda della salinità potremo arredarlo con caratteristiche più dulcacquicole o marine, scegliendo piante e animali più o meno resistenti alla concentrazione di sale scelta. TOP

 

Sistematica

Ordine: Tetraodontiformi
Sottordine: Tetraodontoidei
Famiglie:

  • diodontidi: 5 generi (Diodon, Dicotylichthys, Ciclichthys, Lophodion, Chhilomycterus); 15 specie
  • triodontidi: 1 genere (Triodon); 1 specie (T. bursarius)
  • tetraodontidi: 13 generi (Tetradon, Lagocephalus, Sphoeroides, Canthygaster, Gastrophtsus, Chelonodon, etc.); 130 specie.

I Tetraodontiformi sono principalmente marini (comprende anche il sottordine dei Balistoidei), talvolta di acque dolci o salmastre, a diffusione mondiale, conosciuti come pesce palla, istrice, balestra, grilletto, luna, scatola, cofano, etc. mancano di costole e la pelle è cuoiosa, priva di vere scaglie e solitamente provvista di spine dermiche. I denti sono robusti e spesso fusi a formare un robusto becco. I diodontidi e i tetraodontidi si possono dilatare enormemente riempiendo lo stomaco di acqua o aria ingurgitata. Molte specie hanno carni velenose per la presenza di tetrodotossina.
Escludendo i pesci luna che arrivano a 3 metri, i Tetraodontiformi sono litorali e non superano i 10-50 cm. La dieta è varia e consta soprattutto di invertebrati bentonici, ma non mancano specie almeno parzialmente erbivore.
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Letture consigliate 

De Graaf F. (1969) L’acquario marino tropicale Primaris ed.

Marshall N. B. (1972) La vita dei pesci Garzanti

Autori Vari (1974) Vita nell’acquario Mondadori

Lanza B. (1982) Dizionario del regno animale Mondadori

Eibl – Eibesfeldt (1980) I fondamenti dell’etologia Adelphi

John H. Tullock, et al (1997) Natural Reef Aquariums : Simplified Approaches to Creating Living Saltwater Microcosms

Warren E. Burgess, Herbert R. Axelrod. (1988) Dr Burgess's Atlas of Marine Aquarium

George Blasiola (1991) The New Saltwater Aquarium Handbook  TOP

 

Risorse in rete

http://www.peterah.demon.co.uk/tetraod.htm

http://jump.altavista.com/rns.go?Tetraodontidae     TOP