Maschio o femmina? Questo è il dilemma
a cura di Maurizio Lodola
e M. Letizia Tani

Nel mondo animale la distinzione fra maschio e femmina non è sempre rigida: alcune specie infatti possono mostrare contemporaneamente le caratteristiche di entrambi i sessi, altre oscillano addirittura fra un sesso ed un altro. Talvolta l’ambiguità sessuale arriva al punto che gli organi sessuali, maschili e femminili, si sviluppano e regrediscono più volte alternativamente, come avviene, per esempio, nelle ostriche.  Quando l’individuo sviluppa prima gli spermatozoi e poi le uova - comportandosi all’inizio come maschio e poi come femmina – si assiste al fenomeno dell’ermafroditismo, largamente rappresentato in natura soprattutto fra gli Invertebrati (lombrichi, lumache, ecc.), ma diffuso anche fra i Pesci, sia di mare che d’acqua dolce. Nei Serranidi e negli Sparidi, per esempio, comuni nel Mar Mediterraneo e in altri mari, l’ermafroditismo è frequente: lo sciarrano (Serranus cabrilla) espelle contemporaneamente uova e spermi; Serranellus subligarius, un serranide delle coste americane, si riproduce per fecondazione incrociata, poiché durante l’accoppiamento gli spermatozoi di uno fecondano le uova dell’altro, così che ognuno dei due partners funge da maschio e femmina contemporaneamente. In acquario spesso le femmine dei Ciprinidi si riproducono per diverse generazioni anche in assenza di maschi, poiché dotate di ovotesticoli funzionanti.

La condizione ermafrodita si è evoluta successivamente alla differenziazione sessuale, probabilmente per garantire la possibilità di riproduzione anche in casi in cui le possibilità di incontro tra individui di sesso opposto sono limitate. Certe specie ricorrono all’autofecondazione solo in caso di necessità – come un prolungato isolamento – mentre altre la praticano anche nell’ambiente abituale. A volte però i gameti maschili e femminili non maturano contemporaneamente, così che l’individuo ermafrodita deve ricorrere alla fecondazione incrociata con un altro individuo portante organi del sesso opposto: in sostanza, si comporta da maschio quando sono maturi gli spermatozoi e da femmina quando maturano le uova. Nel primo caso si parla di “proterandrìa” (dal greco proteros = anteriore ed andros =  uomo); nel secondo di “proteroginìa” (da proteros e gyné = donna). L’accentuazione del fenomeno porta all’inversione sessuale, per cui un individuo di un dato sesso, ad un certo momento della sua vita, si trasforma acquistando i caratteri e le capacità funzionali proprie dell’altro sesso. Tale condizione si riscontra in molte specie di pesci, i quali conducono una parte dell’esistenza da maschi ed un’altra da femmine e in alcuni il periodo maschile e femminile possono alternarsi più volte. Si ritiene che l’inversione sessuale si sia evoluta dalla condizione ermafrodita, nella quale è presente una gonade unica, l’ovariotestis, distinta in una porzione maschile ed una femminile: a seconda della fase di maturazione di una o dell’altra, si avranno casi rispettivamente di proterandria o di proteroginia.

L’orata (Sparus auratus), pregiato pesce mediterraneo, nasce maschio e rimane tale fino ai 2 anni; poi diventa femmina, cambiando sesso senza che niente esternamente riveli la trasformazione avvenuta. Lo stesso avviene nei Serranidi e negli Sparidi, mentre in altri pesci marini - come il pagello, le menole, gli zerri e i Labridi in genere – succede l’inverso: sono femmine fino a 10-12 cm di lunghezza e maschi a partire dai 15 cm.

In genere l’inversione sessuale si accompagna a vistose modificazioni di taglia e di colorazione, che rendono ben riconoscibili maschi e femmine. E’ il caso della donzella (Coris julis), in cui i due sessi sono talmente diversi che fino ad un trentennio fa sono state considerate specie distinte, denominate Coris julis e C. joffredi: in realtà, sono rispettivamente il maschio e la femmina della stessa specie di Labride, la cui fase sessuale si manifesta con un’evidente differenza della livrea. Le giovani donzelle – fino a 12-14 cm di lunghezza - sono infatti quasi tutte femmine e mostrano la cosiddetta livrea primaria, dalla caratteristica colorazione rosso-violacea sul dorso, ventre bianco-giallastro ed una sottile striscia longitudinale bianca sui fianchi; successivamente, intorno ai 4-6 anni, si ha un aumento della taglia – fino ai 20-25 cm – e le femmine si trasformano in maschi, modificando anche la loro colorazione in una livrea secondaria, caratterizzata dal dorso blu- verde o bruno e i fianchi percorsi da una banda longitudinale, dentellata, di un acceso rosso-arancio, spesso bordata di azzurro. Oltre ai due tipi sessuali sopra descritti, si possono osservare anche individui con colorazione e taglia intermedie, diverse sia da quella dei maschi che delle femmine. Si tratta di individui “intersessuali”, nei quali cioè la fase sessuale è ancora in transizione, in attesa del mutamento definitivo che li trasformerà in uno o nell’altro sesso. 

Oltre a Coris julis, un altro Labride ricercato dagli acquariofili per i suoi bellissimi colori è la donzella pavonina (Thalassoma pavo) che, quando raggiunge 20 cm di lunghezza, sfoggia la livrea secondaria maschile dai vistosi toni azzurri reticolati sul capo ed una banda verticale blu bordata di rosso, che si estende dalla pinna ventrale alla dorsale. Nei Labridi, quindi, la maggior parte dei maschi sono ex-femmine che, ad un’età variabile fra i 7e i 13 anni, invertono la fase sessuale trasformandosi in maschi e tali rimangono per il resto della vita, che  può durare fino a circa 20 anni.

Lo zolologo britannico Frances Dippler studiando questi pesci ha scoperto inoltre che la loro ambiguità sessuale è ancor più complicata dalla presenza di “travestiti”, cioè di maschi che hanno acquistato sembianze femminili. Durante la stagione degli amori il labride maschio Crenilabrus melops scava nella sabbia un nido, davanti al quale si muove danzando per invitare le femmine di passaggio a deporvi le uova, impegnandosi in particolar modo davanti alle femmine gravide, con l’addome rigonfio di uova. Una volta raccolte e fecondate le uova, deve proteggere il territorio da eventuali maschi invasori e fare contemporaneamente il baby-sitter. Queste attività però sono piuttosto gravose, così che alcuni individui maschi – che vogliono procreare con un limitato dispendio energetico – ricorrono all’espediente del travestimento, trasformandosi in femmine, alle quali assomigliano esternamente per forma e colori. L’esame degli organi genitali rivela invece dei testicoli più grandi del normale, tanto che il loro addome risulta rigonfio, proprio come quello delle femmine gravide. A tale vista, il maschio padrone del nido, scambiandoli per probabili spose, li invita ad entrare ed essi vi si precipitano, deponendo il loro sperma sulle uova che le vere femmine avevano deposto in precedenza. Grazie all’inganno, i travestiti – che rappresentano il 20% della popolazione – si assicurano la discendenza senza fatica.      

D’altra parte il mimetismo è una tendenza abbastanza diffusa in natura: fra i sosia più conosciuti c’è il ghiozzo che imita il pesce pulitore Labriodes dimidiatus, noto per la sua “danza di pulizia” che lo rende riconoscibile ai clienti, meno conosciuto forse per il suo comportamento in fatto di inversione sessuale. Questo piccolo labride vive in gruppi formati da un maschio e da un harem di femmine, le quali ad un certo punto avrebbero la naturale tendenza a cambiare sesso, che viene però soppressa dal predominio aggressivo esercitato dal maschio. Quando esso muore, immediatamente una delle femmine – in genere la dominante – cambia sesso trasformandosi nel nuovo padrone. Lo stesso accade nel pesce marino tropicale Anthias squamipinnis, il quale forma gruppi sociali stabili, di circa 8 femmine per ciascun maschio: rimovendolo dal gruppo, si assiste all’inversione sessuale di una delle femmine che prende prontamente il suo posto. Anche nei pesci d’acqua dolce del genere Xiphophorus sono le femmine più grosse che sostituiscono il maschio. Esattamente l’opposto si verifica nel pesce pagliaccio Amphiprion bicintus, nel cui gruppo è la femmina ad essere dominante; se la si allontana, è il maschio più grande che si trasforma in femmina per sostituirla.

Il cambiamento di sesso può quindi coinvolgere un’intera popolazione o limitarsi solo ad alcuni individui, a seconda dell’età e delle condizioni di vita. In certi casi possono essere i fattori ambientali, quali la temperatura dell’acqua, a determinare il sesso, come accade al pesce atlantico Menidia menidia, affine ai Pecilidi. In questo caso la fase sessuale subisce un cambiamento stagionale: all’inizio della primavera, quando l’acqua è ancora fredda, si svilupperanno le femmine, mentre in estate, con l’aumentata temperatura dell’acqua, si avranno solo maschi.

Varie forme di comportamento sessuale invertito si possono osservare in acquario in alcune specie di Ciclidi, dove in una coppia di femmine una delle due agisce da maschio, simulando l’inseminazione delle uova senza peraltro averne la possibilità. Si tratta di casi di omosessualità forzata, che trovano una spiegazione nell’impossibilità di trovare il giusto partner in un ambiente limitato come quello dell’acquario.

L’inversione sessuale può essere raggiunta anche sperimentalmente, come si è visto nei rospi. I maschi di questi anfibi presentano oltre ai testicoli dei rudimenti di ovario, i cosiddetti organi di Bidder che, in seguito alla castrazione, si sviluppano diventando ovari maturi. Dopo un po’ di tempo dall’asportazione dei testicoli, l’individuo castrato si trasformerà in femmina fertile, dalla quale nasceranno normali girini. Il fenomeno inverso è stato sperimentato anche sui polli: asportando l’ovaia, quella rudimentale residua situata alla sua destra si svilupperà in un testicolo funzionante e la gallina diventa gallo.

 

Il mistero delle cernie giganti

Anche le nostrane cernie (Serranidi del genere Epinephelus) – nel Mediterraneo ci sono circa otto specie - prede ambìte dai cacciatori subacquei, presentano il fenomeno dell’inversione sessuale: nascono infatti femmine e poi, dopo alcuni anni, diventano maschi a tutti gli effetti. Tale cambiamento avviene generalmente di conseguenza all’aumento delle dimensioni dell’animale che, fino ai 5-6 anni e  intorno ai 3-5 kg, è ancora di sesso femminile, virando poi gradualmente verso il sesso opposto; la fase di transizione fa registrare individui in possesso di entrambe le gonadi, anche se quella femminile è in continua regressione. Superati i 10 anni, si trovano solo esemplari maschi di taglia ragguardevole e talvolta imponente, nei quali la funzionalità degli organi maschili è ormai quella predominante e durevole per il resto della loro vita, che può arrivare anche al mezzo secolo. La cernia bruna (E. guaza) è una delle specie più comuni ed anche più grandi presenti nel Mediterraneo centrale, con il suo metro abbondante di lunghezza ed i 50 kg di peso; è possibile acclimatare giovani esemplari di questa specie in acquario, dove possono vivere per molti anni a condizione che la temperatura non scenda sotto la soglia critica di 8-9 °C, ma è piuttosto improbabile tentarne la riproduzione, della quale si sa ancora molto poco.

L’eccezionalità delle loro dimensioni, unitamente allo loro progressiva rarefazione nei nostri mari - più che la bontà delle loro carni, commestibili, ma non pregiate - hanno fatto di questi pesci la preda più prestigiosa dei pescatori subacquei, spingendoli a migrare a profondità sempre maggiori e a vivere sedentarie in tane. Alcune riserve marine, quali quella di Lavezzi in Corsica e quella di Port-Cros in Costa Azzurra, ospitano e proteggono diversi esemplari delle ormai rare cernie brune che, in questi luoghi, non temono l’uomo ma, anzi, si fanno facilmente avvicinare ed accarezzare. L’equipe di ricercatori del GEM (Groupes Etudes Merous, ovvero Gruppo di studi sulle cernie) studia dal 1987 la colonia di cernie che vive nella Riserva Naturale dell’arcipelago di Lavezzi, marcandone il maggior numero possibile per seguirne la distribuzione demografica. Dalle loro osservazioni emerse un dato preoccupante: la presenza soltanto di grosse cernie maschio, mentre non si vedevano quelle di piccola o media taglia, ancora femmine. La caccia sub ha senz’altro avuto una larga responsabilità nel verificarsi di questa situazione, tuttavia, nonostante la tutela dei tratti di mare suddetti, anche dopo diversi anni la popolazione di cernie brune non mostrava incrementi significativi. Come mai? La risposta sta proprio nella particolare sessualità di questi animali, i quali raggiungono la piena maturità sessuale solo quando esiste la giusta proporzione numerica fra i due sessi. Infatti, per la riproduzione della specie non è sufficiente avere un maschio ed una femmina, bensì ci devono essere alcuni maschi ed una dozzina di femmine. Solo in queste condizioni avviene la liberazione degli ormoni che presiedono alla maturazione degli organi genitali e quindi alla fregola; perciò, l’elevata mortalità della specie ad una certa età compromette il delicato equilibrio necessario alla riproduzione. Ecco spiegata la numerosa presenza di sole grosse cernie nel Mediterraneo settentrionale e nel Tirreno centrale. Il lavoro dei biologi del GEM, con i quali oggi collaborano ricercatori dei parchi marini italiani e spagnoli, apre uno spiraglio di speranza per la salvaguardia delle cernie nel bacino mediterraneo che, ci auguriamo, possano tornare ad arricchire i nostri fondali.

 

Bibliografia:

 Denniston R. H.: “Sexual Inversion”, Basic Books, New York (1965)

Lattes Coifmann I.: “Il sesso negli animali”, Editoriale Giorgio Mondatori, Milano (1987)

Mainardi D.: “La Scelta Sessuale”, Editore Boringhieri, Torino (1978)