Le razze d’acqua dolce
A cura di Maurizio Lodola e Maria Letizia Tani

I Potamotrigònidi o Razze d’acqua dolce fanno parte dell’antica classe dei Pesci cartilaginei, alla quale appartengono anche gli squali. La loro conformazione particolare è il frutto di una lunga storia evolutiva che ha come punto di arrivo le acque spesso inesplorate dei grandi fiumi amazzonici e che merita di essere conosciuta dagli acquariofili.

Ecologia delle
specie amazzoniche
Razze e squali:
un’insospettabile parentela
Hanno il corpo appiattito come le sogliole, ma a simmetria bilaterale
Dimorfismo sessuale
e riproduzione
Il veleno delle razze
Scheda sistematica Bibliografia Indirizzi Internet

 

Fra le molteplici variazioni interspecifiche all’interno dell’ampia classe dei Pesci – con rappresentanti dalle più disparate forme, dimensioni e colori – troviamo anche quegli animali comunemente chiamate razze, dalla strana ed elegante forma appiattita, terminante in una coda sottile ed appuntita.

Appartenenti alla categoria dei Pesci cartilaginei (o Condroitti) con l’ordine dei Rajformi, la famiglia dei Potamotrigònidi (dal greco potamòs, fiume, e trygon, tortora) - della quale fanno parte le razze d’acqua dolce - comprende 3 generi (Paratrygon, Potamotrygon, Plesiotrygon) e circa 20 specie, talvolta erroneamente scambiate con alcune appartenenti alla famiglia affine dei Dasiatidi, dal corpo simile a quello delle razze ma ancora più slargato, note con il nome di trigoni o pastinache.

Ecologia delle
specie amazzoniche

Le varie specie di Potamotrigònidi sono esclusivamente dulcacquicole e vivono nei principali sistemi fluviali del Sud America, eccetto quelli che affluiscono nel Pacifico e nei bacini idrografici costieri dell’Atlantico a sud del Rio della Plata; sono apparentemente assenti dal bacino del Rio Sao Francisco in Brasile ed invece variamente rappresentate nel resto del Paese.

Recentemente un’équipe di ricercatori ha condotto studi sul campo su alcune specie che popolano gli llanos del Venezuela (bacino del Rio Apure), in particolar modo su Potamotrygon orbignyi e Paratrygon aiereba; queste ricerche hanno fornito dati interessanti circa le abitudini, l’alimentazione, il comportamento riproduttivo e l’habitat di tali specie, il cui ciclo ontogenetico era pressoché sconosciuto.

Fra le altre specie maggiormente conosciute ne citiamo alcune che vivono nelle acque dell’Orinoco e di altri grandi fiumi amazzonici, quali Plesiotrygon iwamae, Potamotrygon motoro, P. laticeps, P.reticulatus, P. humboldtii e P. magdalenae. Tutte queste razze presentano una forte variabilità individuale della livrea, con diversi tipi di macchie, striature, vistosi ocelli e sfumature che, talvolta, rendono dissimili anche soggetti appartenenti alla stessa specie e pongono seri problemi di classificazione tassonomica.

Caratteristica comune a tutti i Rajformi è il corpo segnato dal notevole sviluppo delle pinne pettorali - che arrivano a saldarsi all’estremità posteriore della testa, fino all’altezza degli occhi - facendosi così appiattito e subsferico da essere chiamato disco e dal quale si diparte nettamente la coda.

All’appiattimento in senso dorso-ventrale del corpo si accompagna anche la riduzione o la scomparsa delle pinne dorsali e della pinna caudale. Quest’ultima si trasforma nell’appendice appuntita caratteristica delle razze, dotata anche di un particolare elemento anatomico: un temibile aculeo seghettato posto in posizione dorsale – in alcune specie può raggiungere i 30 cm di lunghezza - contenente anche del veleno che, in caso di pericolo, viene energicamente sfoderato dal pesce ed usato a mo’ di frusta contro il supposto aggressore.

In acquario si è visto che le razze sostituiscono periodicamente la loro temibile arma durante l’accrescimento, così che gli aculei si possono talvolta trovare nel filtro o fra la sabbia. top^

Razze e squali:
un’insospettabile parentela

La capacità di confondersi col il substrato attraverso una colorazione mimetica è il risultato delle attitudini bentoniche di questi pesci, che passano la maggior parte del loro tempo immobili e nascosti sul fondo, in attesa delle loro prede. La scarsa abitudine al nuoto, legata ad un aspetto scarsamente idrodinamico, non farebbero certo sospettare la stretta parentela che invece unisce le razze agli squali.

In effetti, ad un esame basato solo sull’aspetto esteriore questi animali appaiono agli antipodi: da una parte il profilo affusolato ed idrodinamico del predone dei mari, nuotatore eccellente; dall’altra la struttura bidimensionale e statica della razza, sedentaria sul fondo. Eppure Rajformi e Squaliformi appartengono alla medesima sottoclasse degli Elasmobranchi (o Selaci), i cui rappresentanti – siano essi squali o razze – sono tutti accomunati da identiche caratteristiche anatomiche. La prima e più significativa è l’assenza di tessuto osseo, sostituito da cartilagini (da qui il nome di Condroitti) e della vescica natatoria, presente invece nei Pesci Ossei; particolarmente evidente è poi il caratteristico apparato respiratorio (posto lateralmente negli squali e in posizione ventrale nelle razze) che si apre all’esterno con due serie di fessure dalle quali fuoriesce l’acqua ad ossigenare le branchie.

Anche attraverso una rapida ricognizione superficiale appaiono ulteriori analogie fra razze e squali: entrambi al tatto presentano una cute particolarmente ruvida, dall’effetto di una carta vetrata, dovuta alla presenza di minuscole scaglie placoidi – costituite da un materiale simile allo smalto – disseminate sulla pelle in posizione inclinata dalla testa verso la coda.

Senza dilungarci oltre sulle numerose analogie morfo-anatomiche esistenti fra squali e razze, è interessante notare come da un comune progenitore squaliforme, probabilmente dulcaquicolo – come dimostra la bassa concentrazione di ioni minerali presenti nel sangue di questi animali – si siano evoluti due ceppi distinti, lentamente divenuti radicalmente diversi: i Pleurotremata (gli squali) dalla forma allungata e cilindrica, che nuotano incessantemente; e gli Hypotremata (le razze) dal corpo sottile ed appiattito, che vivono sul fondo. top^

Hanno il corpo appiattito come le sogliole,
ma a simmetria bilaterale

Questo graduale processo di adattamento funzionale ha prodotto nelle razze varie trasformazioni anatomiche, necessarie per la vita bentonica che esse conducono sui fondali. Si è già detto dell’appiattimento del corpo, trasformazione che ha comportato anche modificazioni dell’apparato boccale, con la migrazione della bocca nella faccia inferiore del disco, dotatasi di robusti denti a placche in grado di triturare anche i gusci di conchiglia più coriacei.

Anche le fessure branchiali (sempre 5 per lato) e le narici hanno seguito la bocca in questo processo di migrazione verso il basso, arrivando però a trovarsi in una posizione svantaggiata per assicurare un costante apporto d’acqua all’apparato respiratorio. Questo problema è stato risolto da due spiracoli posti dietro gli occhi, sulla faccia dorsale del corpo, che emergono anche quando l’animale è nascosto nei sedimenti del fondo e sostituiscono la bocca nell’inalazione del flusso d’acqua necessario alla respirazione.

Durante questa lenta metamorfosi evolutiva, mentre il corpo si appiattiva, allargandosi con delle sviluppatissime pinne pettorali, si riduceva la regione caudale che – venendo meno la funzione propulsiva che le è propria – si è modificata in un’estremità sottile ed appuntita, senza significato per la motilità dell’animale ma che viene usata a scopo difensivo. Le pinne ventrali sono rimaste invece discretamente sviluppate e, nei maschi, si sono trasformate in due pterigopòdi, corte appendici che servono da organi copulatori.

Le abitudini piuttosto sedentarie delle razze non impediscono comunque loro di nuotare agevolmente; infatti, grazie alle loro ampie pinne pettorali, si muovono con una caratteristica ondulazione, leggera ed aggraziata, che ricorda il volo con le ali. In questo modo le razze riescono a compiere brevi balzi sulle prede – piccoli pesci, crostacei, molluschi – oppure spostamenti a tappe verso nuove zone di caccia e di riproduzione. top^

Dimorfismo sessuale
e riproduzione

La maturità sessuale è correlata allo sviluppo corporeo: nei maschi non viene raggiunta prima dei 200-400 mm di diametro del disco, a seconda delle specie; le femmine manifestano i primi segni di maturazione sessuale intorno ai 180-350 mm di diametro. Alla maturità i maschi si distinguono dalle femmine, oltre che per gli pterigopòdi, anche per la presenza di caratteri sessuali secondari.

A proposito dell’accoppiamento c’è una certa discordanza nei dati bibliografici sull’argomento: dall’osservazione sperimentale condotta in acquario le femmine di certe specie si unirebbero ai maschi nell’atto riproduttivo poggiandosi sul fondo con il dorso, mentre altre fanno il contrario. La riproduzione avviene mediante grosse uova rivestite da un involucro corneo protettivo, con delle appendici agli angoli, molto simile a quello di certi squaliformi, come per esempio i gattucci. Nelle razze d’acqua dolce la gravidanza ed il parto si verificano soprattutto durante la stagione delle piogge ed il numero dei nati è sempre molto basso (1-2 individui) a causa della grandezza delle uova portate dalla madre.

Le razze d’acqua dolce sud americane raggiungono da adulte dimensioni ragguardevoli, fino al diametro di un metro ed anche oltre; in Potamotrygon orbignyi le maggiori dimensioni registrate sono state 780 mm/diam. e 25 kg/peso, mentre in Paratrygon aiereba sono state 325 mm/diam. e 2 kg/peso.

Quindi, sia per le dimensioni che per la pericolosità del loro aculeo velenoso, queste razze non sono ospiti raccomandabili negli acquari casalinghi; inoltre questi pesci passano la maggior parte del tempo mezzi seppelliti sotto la sabbia ed è difficile alimentarli se non con cibi freschi.

La capacità minima consigliata della vasca è di 400 l, dotata di un substrato fine o sabbioso nel quale le razze possano agevolmente seppellirsi; la temperatura dovrà essere mantenuta sui 24-27 °C, il pH 6 e la durezza dell’acqua intorno ad 8 °dGH. Una volta acclimatatisi questi animali possono vivere a lungo in acquario (anche per più di 10 anni), dimostrando caratteristiche di domesticità e socievolezza: infatti si prestano volentieri ad essere accarezzate e lisciate sul dorso, tanto che in alcune strutture pubbliche ci sono vasche apposite che permettono ai bambini di toccarle e di ammirare l’ineguagliabile bellezza del loro nuoto alato, con la sorpresa di vederle improvvisamente dileguarsi in una nuvola di sabbia. top^

Il veleno delle razze

Generalmente schive ed elusive nei confronti degli intrusi, le razze generalmente adottano la fuga, ma se si sentono in pericolo usano il loro temibile aculeo come arma deterrente. Il secreto tossico inoculato attraverso la puntura di questo aculeo velenoso è pericoloso per l’uomo, al quale può provocare seri traumi fisici poiché, oltre alla dolorosa lesione, subentra spesso un malore generale che può addirittura provocare fenomeni di paralisi e collasso cardiocircolatorio, talvolta con esiti fatali.

Le punture addominali sono quelle più serie e, se non curate immediatamente, possono portare alla morte dopo solo un giorno dalla loro inoculazione, mentre quelle agli arti non sono quasi mai letali, anche se necessitano di essere trattate adeguatamente. In entrambi i casi si praticherà un taglio sulla ferita che deve essere sciacquata e pulita, poi si cercherà di rimuovere la spina conficcata facendo ben attenzione che non vi rimangano frammenti; la parte lesa dovrebbe quindi essere immersa per un’ora in acqua molto calda, quasi bollente. Dopo questo trattamento si cercheranno di nuovo eventuali tracce dell’aculeo dentellato che, conficcandosi nella carne, spesso si rompe in minuscoli pezzetti. E’ consigliabile, sotto cura medica, anche un trattamento antibiotico e la somministrazione di un agente antitetanico. Ovviamente queste indicazioni sono cure d’urgenza alle quali ricorrere se non c’è un ospedale vicino nel quale ricoverare il paziente in breve tempo.

Le razze - sia le specie marine che d’acqua dolce – possono infatti essere causa di dolorosi incidenti per coloro che incautamente guadano un corso d’acqua o vi fanno il bagno, poiché questi pesci vivono semisepolti sui fondali sabbiosi o fangosi, nei quali si mimetizzano molto bene.

La pericolosità di questi animali è ben nota alle popolazioni indigene cacciatrici del Sud America, che stanno bene attente a non calpestarli e perlustrano i fondali pronti a lanciare la fiocina non appena intravedono la loro sagoma mimetizzata sotto la sabbia. Le vittime più frequenti sono i bambini che giuocano nuotando nelle acque basse della giungla, esponendo così l’addome all’aculeo delle razze nascoste nel fango. top^

 

Scheda sistematica: :

Classe: Condroitti (Chondrichthyes)

Sottoclasse: Elasmobranchi (Elasmobranchii)

Superordine: Ipotremi (Hypotremata)

Ordine: Rajformi (Rajiformes)

Famiglia: Potamotrigònidi (Potamotrygonidae)

Generi: Paratrygon, Plesiotrygon, Potamotrygon top^

 

Bibliografia::

E. Burgess, R. Axelrod: "Atalas of Freswater Aquarium Fishes" (1988) – T.F.H. Publ., Neptune City

C. A. Lasso: "Las rayas de agua dulce" (1985) – Natura

C. A. Lasso, O. Lasso-Alcalà, A. Rial B.: "Notes on the biology of the freshwater stingrays Paratrygon aiereba and Potamotrygon orbignyi in the Venezuelan llanos" (sett.1996) – Journal of Ichthyology and Acquatic Biology

J.S. Nelson: " Fishes of the World "(1976) – Wailey & Sons, New York

T.B.Thorson, J.K. Langhammer, M.I. Oetinger: "Reproduction and development of the South American freswater stingrays, Potamotrygon circularis and P. motoro" (1983) – Env. Biol. Fish. top^

 

Indirizzi Internet

http://www.biotope.com/leopoldi.htm

http://www.aquariacentral.com/fishinfo/fresh/stingray.htm  top^